12/03/11 Report del presidio al Cie di Ponte Galeria

sabato 12 marzo 2011
Libertà per tutti, con o senza documenti

Circa 300 solidali, giunti davanti alle mura del Cie di Ponte Galeria per dare vita al presidio annunciato da tempo, sono stati accolti da un gran numero di ragazzi migranti reclusi, saliti sul tetto per unirsi alla protesta.
Continua a crescere la partecipazione mentre dal microfono viene lanciato un primo saluto a tutte le persone rinchiuse in quelle mura.
Grida e slogan riempiono il vuoto nel quale è stato costruito quel mostro di cemento mentre dal cortile della sezione femminile cresce una colonna di fumo nero che, accompagnato dalle grida, non abbandonerà mai la giornata di protesta.

Slogan e messaggi di solidarietà in tutte le lingue vengono amplificati dalle casse del sound, mentre una piccola delegazione di alcune compagne si prepara ad avvicinarsi al cancello del campo d’internamento per consegnare delle radioline a chi è privata/o della propria libertà dentro quelle gabbie.
Mentre l’amministrazione della cooperativa Auxilium si nasconde dietro il cordone della celere negando la propria responsabilità e lasciando gestire la situazione a qualche energumeno in divisa blu, continua lo scambio di voci tra chi protesta dentro e fuori le mura del lager.

Al fermo diniego di fronte al tentativo di consegnare gli apparecchi radio, i/le solidali hanno scelto di rinforzare la comunicazione diretta con il lancio di palline da tennis contenenti messaggi di solidarietà. Nonostante i pessimi lanci e il nervosismo delle guardie, alcuni messaggi sono stati raccolti dai destinatari.

Dopo poco meno di tre ore il presidio si scioglie e ritorna compatto in città per comunicare tra le strade affollate del sabato sera, con un corteo partecipato, compatto e rumoroso.

Apprendiamo con disgusto e rabbia che la mattina seguente al presidio, gli aguzzini in divise blu hanno sfogato le loro frustrazioni sulle recluse, ree di aver fatto “troppo casino” durante il presidio di sabato.
Una donna racconta ai microfoni di Radio OndaRossa che gli uomini delle “forze dell’ordine” l’hanno portata in un ufficio all’interno del centro, per picchiarla, insieme ad altre donne.
Nonostante i pestaggi e le cure mediche negate, le recluse chiedono con forza che i presidi dei/lle solidali continuino. Quando viene chiesto loro cosa possiamo fare dall’esterno per sostenerle, ci viene risposto senza un attimo di esitazione: just we want freedom!

LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE, CON O SENZA DOCUMENTI!

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12.03.11 PRESIDIO AL CIE DI PONTE GALERIA


Per un mondo senza gabbie né confini!

Libertà per tutte e tutti! con o senza documenti

SABATO 12 MARZO 2011
presidio solidale davanti al Cie di Ponte Galeria!

ore 14.00: appuntamento alla stazione fs Ostiense
per prendere insieme il trenino per Fiumicino aeroporto

dalle ore 15.00: presidio sotto le mura del Cie di Ponte Galeria
fermata “Nuova Fiera di Roma” del trenino Roma-Fiumicino

chiudere tutti i cie! libere tutte! liberi tutti!

durante il presidio consegneremo alle recluse e ai reclusi le radioline portatili acquistate grazie all’iniziativa del 6 marzo a Casale de Merode
perchè ascoltare una radio è un modo per mantenere un contatto con l’esterno

PORTA UNA RADIOLINA A PONTE GALERIA!
contribuisci anche tu a rompere il muro del silenzio e dell’isolamento!

>> ASCOLTA LO SPOT <<

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06.03.11 Dibattito sui Cie a Casale de Merode

R.A.P. gruppo inchiesta, Radio OndaRossa, Rete no-Cie e occupanti di Casale de Merode

invitano tutte e tutti coloro che vogliono un mondo senza gabbie né frontiere

a partecipare a un dibattito pubblico sui Cie

DOMENICA 6 MARZO 2011

all’occupazione abitativa di via del Casale de Merode, 8 (Tormarancia)

– dalle ore 17.00:

dibattito pubblico: libertà per tutte e tutti! con o senza documenti!

per scambiarci informazioni ed esperienze sulle lotte contro i Cie e le deportazioni forzate,

sulle strategie di resistenza e sulle forme di autorganizzazione

mostre fotografiche sui Cie e sulle insurrezioni in corso nel Maghreb, materiali informativi, Nella tua città c’è un lager (bollettino bisettimanale sulle vicende che si susseguono nei cie), Scarceranda (l’agenda di Radio OndaRossa contro ogni carcere, giorno dopo giorno)

– a seguire:

cena con tutti i sapori del mondo

il ricavato della cena servirà ad acquistare delle radioline portatili da consegnare alle recluse e ai reclusi durante il prossimo presidio solidale del 12 marzo davanti al Cie di Ponte Galeria

perchè ascoltare una radio è un modo per mantenere un contatto con l’esterno

PORTA UNA RADIOLINA A PONTE GALERIA!

contribuisci anche tu a rompere il muro del silenzio e dell’isolamento!

>> VERSO IL 12 MARZO <<

per un mondo senza gabbie né frontiere!

chiudere tutti i Cie!

>> ASCOLTA LO SPOT <<

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Report del 25 novembre a piazza Trilussa

Report del 25 novembre a piazza Trilussa

Ieri pioveva. Ma la pioggia non ci ha fermate.
Abbiamo raccontato in piazza alle donne, compagne, femministe, lesbiche che erano con noi il nostro percorso di lotta contro la violenza nei Cie e la violenza di genere nei Cie e le ragioni per cui abbiamo deciso di essere in piazza nella giornata contro la violenza sulle donne:

perché non ci possono essere donne violentate e offese per cui ci si mobilita e altre no;
perché non ci possono essere distinguo nei riguardi di chi agisce violenza sulle donne, sia privato o istituzioni, per interessi partitici, economici, di aree di appartenenza, di finanziamenti…
perché siamo con tutte le donne che si ribellano quotidianamente nel privato, in famiglia, nei posti di lavoro, nei Cie…
perché i Cie sono la rappresentazione compiuta della nostra società;
perchè é necessario spezzare l’intreccio delle oppressioni genere/razza/classe.

Abbiamo letto dei brani che alcune di noi avevano preparato di bell hooks in Elogio del margine.
Abbiamo sentito le testimonianze di donne dall’interno dei Cie e, particolarmente toccante, è stata quella della compagna di cella di Nabruka che si è impiccata nel Cie di Ponte Galeria.

Alessandra “Attrice contro” ci ha raccontato sotto la pioggia battente la storia di Joy e di Hellen, ma eravamo tutte intorno a lei con gli ombrelli e con la nostra partecipazione.

È venuta una compagna di Milano, che l’anno scorso ha preso le manganellate il 25 novembre a piazzale Cadorna, a portarci la sua solidarietà, a testimonianza che il filo non si spezza e che nulla ci spaventa.

Ha suscitato grande interesse la mostra delle compagne di Milano.

Alcune compagne hanno preso lo striscione che abbiamo portato alla manifestazione di Modena “Contro l’oppressione di genere, razza, classe CHIUDERE TUTTI I CIE” e si sono messe sul lungotevere a fermare il traffico a singhiozzo.
È stato un bel momento comunicativo.

Ma questo è soltanto l’inizio di una settimana di mobilitazione e ci rivedremo il 2 dicembre a Milano o qui a Roma o in qualsiasi altra città organizzerà iniziative in appoggio e in sostegno di Joy,una donna che si è ribellata e che ha avuto il coraggio di farsi carico di una lotta che appartiene a tutte le donne.
E CONTINUEREMO SEMPRE A RIBELLARCI ANCHE NOI.

Donne-femministe-lesbiche contro i Cie

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25/11/10 Ribellarsi sempre, ribellarsi tutte!

25 novembre 2010
RIBELLARSI SEMPRE  RIBELLARSI TUTTE

Giovedì 25 novembre ci vediamo, donne, compagne, femministe, lesbiche in piazza Trilussa dalle 16 in poi a ribadire, ancora una volta, il nostro NO ad ogni forma di violenza nei confronti di tutte le donne.
La nostra lotta contro i CIE, dove si è internate/i non per aver commesso un reato ma per condizione, dove i soprusi, le vessazioni, i pestaggi e la violenza di genere sono realtà quotidiana, dove le donne non sono considerate nemmeno secondo il dualismo della società patriarcale, o santa o puttana, ma solo puttane, ci ha fatto comprendere fino in fondo

CHE

Non ci sono donne di serie A e di serie B, regolari e irregolari, per bene e per male, donne violentate e offese che meritano attenzione e altre meno, a seconda di interessi partitici, di alleanze, interessi economici, convenienze…

Non ci possono essere distinguo, né giustificazioni, né omertà nei confronti di chi agisce la violenza contro le donne sia marito, amante, ex, padre, figlio… poliziotto o istituzioni.

Non esistono “mele marce” o “malati”. Le donne vengono violentate, ammazzate, offese da uomini che sanno perfettamente quello che fanno, figli della società patriarcale che, qui e ora, è una società basata sullo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano, dove è stata volutamente sdoganata la prevaricazione del più forte sul più debole, del povero sul più povero e sul diverso.

Tutte quelle /i che strumentalizzano la lotta contro la violenza sulle donne, che la utilizzano solo in alcuni casi per convenienza e opportunità e guardano altrove in altre occasioni sono complici.

Il privilegio di chi è “bianca”, “cittadina”, “emancipata”, comporta una posizione inaccettabile perché poggia, direttamente e indirettamente, sull’oppressione di altre donne. L’unica possibilità che abbiamo è quella di smantellare il sistema razzismo/sessismo/classismo, perché se non siamo libere tutte non è libera nessuna.

L’impegno e la lotta contro ogni forma di violenza nei confronti di qualunque donna, da chiunque venga agita, è il collante che unisce tutte le donne che lottano e si ribellano quotidianamente nel privato, in famiglia, nei luoghi di lavoro, nei Cie…

Saremo sempre dalla loro parte e con loro, e saremo il 2 dicembre a Milano, all’udienza preliminare del processo contro Vittorio Addesso, non perché crediamo nei tribunali, espressione di una società che non ci appartiene, ma perché siamo dalla parte di una donna che si è ribellata, che si è fatta carico di una lotta che appartiene a tutte le donne.

NON ESISTONO DONNE DI SERIE A E DI SERIE B

Scarica il manifesto
Scarica gli adesivi, 1 e 2

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15/11/10 Assemblea di donne, femministe, lesbiche contro i cie

lunedì 15 novembre 2010
ore 20:00
al 22 di via dei volsci – roma
ASSEMBLEA DI DONNE, FEMMINISTE, LESBICHE CONTRO I CIE

verso il 25 novembre 2010

RIBELLARSI SEMPRE RIBELLARSI TUTTE

Giovedì 25 novembre ci vediamo, donne, compagne, femministe, lesbiche in Piazza Trilussa dalle 16.00 in poi, a ribadire, ancora una volta, il nostro NO ad ogni forma di violenza nei confronti di tutte le donne.

La nostra lotta contro i Cie, dove si è internate/i, non per aver commesso un reato, ma per condizione, dove i soprusi, le vessazioni, i pestaggi e la violenza di genere sono realtà quotidiana, dove le donne non sono considerate nemmeno secondo il dualismo della società patriarcale, o santa o puttana, ma solo puttane, ci ha fatto comprendere fino in fondo che…

Non ci sono donne di serie A e di serie B, regolari e irregolari, per bene e per male, donne violentate e offese che meritano attenzione e altre meno, a seconda di interessi partitici, di alleanze, interessi economici, convenienze.

Non ci possono essere distinguo, né giustificazioni, né omertà nei confronti di chi agisce la violenza contro le donne sia marito, amante, ex, padre, figlio, poliziotto o istituzioni.

Non esistono “mele marce” o “malati”. Le donne vengono violentate, ammazzate, offese da uomini che sanno perfettamente quello che fanno, figli della società patriarcale che, qui e ora, è una società basata sullo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano,dove è stata volutamente sdoganata la prevaricazione del più forte sul più debole,del povero sul più povero e sul diverso.

Tutte quelle /i che strumentalizzano la lotta contro la violenza sulle donne, che la utilizzano solo in alcuni casi per convenienza e opportunità e guardano altrove in altre occasioni sono complici.

Il privilegio di chi è bianca, “cittadina”, “emancipata”, comporta una posizione inaccettabile perché poggia, direttamente e indirettamente, sull’oppressione di altre donne. L’unica possibilità che abbiamo è quella di smantellare il sistema razzismo/sessismo/classismo, perché se non siamo libere tutte non è libera nessuna.

L’impegno e la lotta contro ogni forma di violenza nei confronti di qualunque donna, da chiunque venga agita, è il collante che unisce tutte le donne che lottano e si ribellano quotidianamente nel privato, in famiglia, nei luoghi di lavoro, nei Cie.

Saremo sempre dalla loro parte e con loro, e saremo il 2 dicembre a Milano, all’udienza preliminare del processo contro Vittorio Addesso, non perché crediamo nei tribunali, espressione di una società che non ci appartiene, ma perché siamo dalla parte di una donna che si è ribellata, che si è fatta carico di una lotta che appartiene a tutte le donne.

NON ESISTONO DONNE DI SERIE A E DI SERIE B

Invitiamo le donne, le compagne, le femministe, le lesbiche a partecipare
all’assemblea aperta di lunedì 15 novembre alle ore 20.00 al 22 di via dei volsci
per condividere e costruire una giornata di lotta!

Donne-femministe-lesbiche contro i Cie

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NELLA TUA CITTÀ C’È UN LAGER: bollettino bisettimanale sui Cie

NELLA TUA CITTA’ C’E’ UN LAGER. Bollettino bisettimanale sulle vicende che si susseguono nei Centri di Identificazione ed Espulsione per immigrati, i lager del nuovo secolo.
  • Scarica, stampa e diffondi il numero 26 (dal 15 al 30 ottobre 2010)

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Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

da http://noinonsiamocomplici.noblogs.org

Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

Dopo qualche mese dall’uscita di Joy dal circuito Cie-carcere-Cie, ci siamo incontrate all’interno dell’appuntamento nazionale di Torino contro i Cie e le espulsioni (21-24 ottobre) per confrontarci tra compagne provenienti da varie città sul proseguimento della lotta contro i lager della democrazia.

L’imminente scadenza del 2 dicembre, giorno fissato per l’udienza preliminare dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso (alle ore 12), ci ha trovate ancora una volta unanimi nel rifiutarci di delegare allo Stato e ai suoi tribunali l’accertamento di una verità che già da un anno andiamo ribadendo: nei Cie la polizia stupra. Una verità che è emersa non appena la legge Turco-Napolitano ha creato i Cpt, nel 1998.

La quotidianità di ricatti sessuali e stupri contro le donne immigrate da parte di uomini in divisa dentro e fuori i lager della democrazia è, per noi, un dato di fatto. Come è un dato di fatto il sistema di connivenze che garantisce a questi aguzzini la licenza di fare ciò che vogliono dei corpi di uomini e donne reclusi nei Cie e in ogni altra istituzione totale.

I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono magistrati che denunciano le donne che, come Joy ed Hellen, hanno il coraggio di rompere il silenzio. Ricordiamo, infatti, che Antonella Lai, in qualità di giudice del processo contro le/i rivoltose/i di Corelli, in sentenza ha disposto la trasmissione degli atti alla procura per il reato di calunnia contro le due ragazze nigeriane.

I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono quelli che, come Massimo Chiodini, responsabile della Croce Rossa nel lager di Corelli, pur di garantirsi lauti profitti sono disposti a testimoniare il falso e a coprire gli abusi. Ma d’altronde che aspettarsi da chi ha scelto di ingrassare il proprio portafogli lavorando per gli enti gestori dei Cie? Che si chiami Croce Rossa o Lega Coop per noi non fa alcuna differenza, e ci fa lo stesso schifo.

I Vittorio Addesso possono esistere perché sanno che questori come Vincenzo Indolfi – ex questore di Milano, recentemente promosso a prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del consiglio dei ministri – e ministri come Roberto Maroni faranno di tutto per espellere quell’immigrata che osi denunciare un poliziotto per violenza sessuale nel Cie.

Le continue ribellioni e fughe dai lager della democrazia dimostrano una sola cosa: i Cie vanno chiusi senza se e senza ma. Di quei luoghi non possono che rimanere macerie, per ricordare che per creare tali abominii non c’è bisogno di un regime nazista ma è sufficiente la logica disumanizzante dello sfruttamento di donne e uomini.

Non intendiamo essere complici di uno Stato che, dopo aver fatto di tutto per chiudere la bocca ad una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro il suo aguzzino, ancora una volta utilizzerà la logica ipocrita delle “mele marce” per farsi garante della giustizia.

Marcio, per noi, è tutto il sistema: chi costruisce i Cie, chi li gestisce, chi deporta donne e uomini immigrati e rom, chi discrimina a colpi di leggi, chi sfrutta lavoratori e lavoratrici, chi fa della sicurezza un’arma di comando e controllo, chi usa gli stupri per criminalizzare in base al passaporto e tace sulle violenze quotidiane che avvengono nella “sacra famiglia”, chi condanna le donne che reagiscono, senza delegare, a vessazioni e violenze.

Siamo dalla parte di chi si ribella, perché anche noi ci ribelliamo quotidianamente. Non ci interessano i rituali e le ipocrisie di chi si dichiara contro la violenza sulle donne e poi distingue o strumentalizza in base alle proprie convenienze.

Il 25 novembre 2009, quando ci siamo mobilitate contro i Cie in diverse città in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Milano la polizia caricò con violenza e ripetutamente il presidio in piazzale Cadorna perché uno degli striscioni esposti diceva a chiare lettere che “Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra”.

Quelle cariche avevano, da parte della questura milanese, il chiaro obiettivo di stroncare sul nascere lo smascheramento di connivenze e coperture sulle violenze sessuali nei Cie. Di molestie e stupri nei Cie non si doveva parlare, perché questo avrebbe aperto un varco nella cloaca del dispositivo. Ma il poliziesco atto di forza in piazzale Cadorna si palesò immediatamente per quanto era in realtà: un grande atto di debolezza e paura nei confronti di pratiche ed enunciati che andavano formandosi.

Nei mesi successivi intimidazioni e denunce si sono susseguite nei vari territori contro chi andava ribadendo la realtà della violenza quotidiana nei lager della democrazia, in particolare contro le donne immigrate. Tutto questo non ci ha fatte arretrare di un passo!

Ad un anno di distanza proponiamo che il prossimo 25 novembre sia l’inizio di una settimana di lotta contro i Cie come luoghi di sopruso ed abominio, dove la violenza di genere è pratica quotidiana, una lotta che ciascuna realtà declinerà come vuole nel territorio in cui agisce per poi convergere a Milano il 2 dicembre in un presidio sotto al tribunale, consapevoli di non essere lì per sostenere una “vittima”, ma una donna che si è ribellata alla violenza di un uomo – di un uomo in divisa. E non sarà che un nuovo inizio…

Tutte quelle che non intendono essere complici

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22/07/10 Presidio a p.le Clodio in solidarietà con chi si ribella nei Cie

In seguito alla rivolta avvenuta nella notte tra il 3 e il 4 giugno scorso all’interno del Cie di Ponte Galeria, otto reclusi, accusati di esserne stati gli istigatori, sono stati arrestati e si trovano attualmente sotto processo con l’accusa di resistenza, lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento.

Il 22 luglio presso il Tribunale di Roma si terrà la seconda udienza nei loro confronti.

IN SOLIDARIETÀ CON CHI SI RIBELLA NEI CIE

GIOVEDÌ 22 LUGLIO ORE 10.00


APPUNTAMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE
(PIAZZALE CLODIO)

Di seguito l’appello che lancia la giornata.


«Fino a quando gli immigrati annegano nei nostri mari oppure si accontentano di raccontare storie lacrimevoli e commoventi, il buon padrone bianco sente il dovere di indignarsi e magari di protestare. Ma non appena essi mostreranno di prendere l’iniziativa senza chiedere il permesso, ben pochi saranno disposti a seguirli».
La macchina delle espulsioni messa in atto dagli stati, oltre a creare un business economico intorno alla condizione di immigrazione forzata, serve ad accrescere il grado di ricattabilità degli individui, immigrati e non, costringendoli ad accettare infime condizioni di vita e di lavoro. Per guadagnare al massimo, il padrone ha bisogno di creare una categoria di persone da tenere sempre in pugno, sotto continua minaccia (l’internamento e la deportazione ne sono un esempio). Prima sfrutta i futuri migranti fino all’osso nei loro paesi e poi li attende nei cosiddetti paesi civili per continuare a speculare sulle loro spalle: in questo contesto il padrone ha sempre a disposizione una forza-lavoro terrorizzata e pronta a tutto per sopravvivere e in oltre sa bene che ogni sfruttato pur di non rimanere escluso dal mondo del lavoro si ritrova nella condizione di abbassare costantemente la testa.
Così, sotto il ricatto delle leggi e dalla propaganda razzista gli immigrati continuano ad essere messi all’angolo e resi schiavi: prima sfruttati come manodopera a basso costo fino quando il mercato lo richiede, poi reclusi e infine deportati, nei loro paesi d’origine. Tutto questo al fine di garantire continuità al privilegio della classe dominante, ad un sistema economico che non potrebbe trovare sviluppo se non ci fossero ampie masse di uomini e donne da sfruttare. Per questo motivo ovunque nel mondo nascono rivolte spontanee ed autorganizzate per opporsi alla schiavitù, allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, allo sfruttamento dell’uomo sulla terra. Oppressione, controllo sociale, odio per il “diverso”, guerra tra poveri, sono elementi indispensabili per chi ha intenzione di non rinunciare ad arricchirsi sulle spalle dei poveri e mascherare la propria ingordigia tra le maglie della cosiddetta democrazia.
Lager dunque, nuovi lager della democrazia vengono definiti i Cie, la loro essenza e la gestione che ne consegue ricordano quelle dei campi di Hitler e Stalin (paragone che qualche immigrato detenuto osa fare per definire la sua prigione). Luoghi sorvegliati costantemente dalla presenza di squadrett (polizia e militari armati) in cui vengono rinchiuse persone rastrellate dalle strade senza che neanche loro ne comprendano il motivo. Tenute costrette in delle gabbie in condizioni vessatorie a subire continue umiliazioni.
Come nel resto del mondo, visto che la macchina delle espulsioni è mossa da interessi globali e ha dunque prigioni sparse in giro ovunque sul pianeta, anche in Italia, in particolare dall’introduzione delle norme varate con il pacchetto sicurezza, molti/e reclusi/e nei Cie hanno alzato la testa scegliendo di non subire passivamente e nel quotidiano i soprusi del potere. Poco più di un anno fa si consumava una rivolta durante la quale veniva incendiato e reso inagibile il Cie di Lampedusa. Da quell’episodio in poi, non è praticamente passato giorno durante il quale non si siano registrati atti di protesta e rivolta all’interno dei Cie di tutta Italia. Nel corso del tempo e a seconda dei contesti i/le reclusi/e hanno risposto in maniera diversa alla miseria della loro condizione e all’infamia dei loro aguzzini. Scioperi della fame, della sete, atti di autolesionismo come tagli sul corpo o l’ingoio di oggetti, evasioni, gesti individuali di ribellione e vere e proprie rivolte collettive.
Rivolte come quella avvenuta a Roma il 15 marzo 2010, dove sono stati procurati centinaia di migliaia di euro di danni alla struttura oppure a Gradisca d’Isonzo dove, dal 2006, i reclusi hanno distrutto gran parte del centro collezionando più di un milione di euro di danni materiali. Devastazione dell’inferno nel quale sono costretti a sopravvivere che in alcuni casi ha portato alla chiusura della struttura stessa, come nel caso del lager di Caltanissetta e quello di Crotone.
A questi episodi sono susseguite violente reazioni da parte delle forze dell’ordine che non si sono mai risparmiate, hanno pestato a sangue (attività comunque praticata indiscriminatamente e in continuazione all’interno dei Cie, come altrove del resto) e messo in pratica vere e proprie persecuzioni nei confronti dei presunti “responsabili” dei disordini, i quali sono stati trasferiti, rimpatriati, minacciati, incarcerati. La segregazione, come strumento empirico della repressione e del controllo sociale, si rinnova fino a progettare nuovi Cie a prova d’evasione: proprio quando il recluso viene chiamato “ospite del centro” e l’evasione non può essere considerata un reato, il sistema si inventa un nuovo inferno tecnologicamente avanzato. Da qui nascono i nuovi progetti di costruzione e ristrutturazione dei Cie su tutto il territorio nazionale e nel caso del lager di Ponte Galeria, bottino della cooperativa Auxilium, inizia in questi giorni una ristrutturazione della sezione maschile che comporta, nella prima fase, il trasferimento e il rilascio “con foglio di via dall’Italia” di tutte le persone rinchiuse.
Il 22 luglio al tribunale di Roma verranno processati gli otto immigrati imputati per la rivolta del 3 giugno all’interno del lager di Ponte Galeria a Roma mentre, dopo tre mesi, è ancora in corso il processo per i diciannove immigrati incolpati per quella scoppiata il 15 marzo. Queste denunce si vanno ad aggiungere alle innumerevoli manovre repressive dello stato in cui vengono trascinati i migranti che osano ribellarsi, come chiunque osi con atti coscienti o istintivi opporsi alla brutalità del dominio. Dunque, in un sistema in cui la normalità sono i militari nelle strade, le assoluzioni degli assassini in divisa, lo sfruttamento dell’uomo e della terra e in cui solo una piccola parte di eletti ha diritto a far sentire la sua voce, è naturale e umano che chi viene schiacciato si ribelli con ogni mezzo, con quello che in quel momento ha a disposizione.
Per tutto questo noi scegliamo di sostenere i rivoltosi di Ponte Galeria.

22 LUGLIO 2010
ORE 10:00
DAVANTI AL TRIBUNALE DI ROMA
(PIAZZALE CLODIO)

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Solidarietà con chi si ribella nei Cie

da informa-azione e indymedia

http://www.informa-azione.info/roma_un_gesto_di_solidarieta
http://roma.indymedia.org/node/22568


Una settimana di rivolte all’interno di diversi lager di questo paese di merda…

Il 14 luglio a Torino i reclusi hanno appiccato il fuoco all’interno del C.I.E. di Corso Brunelleschi, causando diversi danni alla struttura.
La sera dello stesso giorno a Trapani è avvenuta un’evasione di massa: circa quaranta prigionieri su sessanta sono riusciti a fuggire.
Ieri, 17 luglio, a Gradisca dopo aver saputo che alcuni tunisini sarebbero stati rimpatriati, forti proteste dei reclusi accendevano un altro focolaio.
A poche ore di distanza, arrivata la notizia di quello che succedeva a Gradisca, i reclusi di via Corelli si sono riuniti in un’assemblea per poi salire sul tetto come forma di protesta; allo stesso tempo alcuni di loro hanno tentato la fuga e in tre ci sono riusciti.

La stessa sera a Roma, in uno dei luoghi più affollati per le attrazioni delle vetrine spettacolari che questa città riserva per l’estate, alcuni solidali hanno calato uno striscione con sopra scritto «DALLA PARTE DI CHI RIBELLA, CHIUDERE IL C.I.E.-LAGER DI PONTE GALERIA» e contemporaneamente lanciato tra i passanti dei volantini.

Il gesto è stato realizzato in solidarietà con i 7 immigrati che il 22 luglio saranno processati per aver partecipato alla rivolta scoppiata a Ponte Galeria il 13 giugno.

Libertà per tutti/e i/le reclusi nei lager di Stato

Di seguito il testo del volantino distribuito e un paio di foto

 

DALLA PARTE DI CHI SI RIBELLA,
PER CHIUDERE IL C.I.E.-LAGER DI PONTE GALERIA…
…E PER NON CHIUDERE GLI OCCHI DINANZI AL RAZZISMO CHE DILAGA

Passeggi, durante questa sera di estate inoltrata. Se ti guardi intorno è per dare un’occhiata alle bancarelle e alle attrazioni che questo posto ti riserva. All’improvviso la tua attenzione viene distolta da uno striscione illuminato da alcune torce e poco dopo ti ritrovi questo volantino tra le mani.

Ti starai chiedendo, forse, cosa si intende per "lager di Ponte Galeria" e perché, nel 2010, quella parola, lager, che ritenevi accantonata tra gli orrori della storia, riemerga nuovamente fuori: le atrocità commesse all’interno dei campi di concentramento sono infatti note a tutti e appaiono solo un triste ricordo del passato, vicende da relegare tra le pagine di un libro di storia, perché i governi "democratici" che sono succeduti alle dittature dicono di aver imparato la lezione: mai più razzismo.  E invece…

In Italia, come del resto in tutta Europa, sono attive da diverso tempo una serie di leggi discriminatorie nei confronti degli immigrati: dapprima con l’istituzione dei CPT (Centri di permanenza temporanea) nel 1998 da parte del governo di centro-sinistra, in seguito con alcune norme varate nel "Pacchetto Sicurezza" nel 2009 dall’attuale governo di centro-destra che li ha trasformati in C.I.E. (Centri di identificazione ed espulsione), gli immigrati senza documenti in regola corrono il rischio di subire lunghi periodi di reclusione per poi essere deportati nei loro paesi d’origine.

I C.I.E., ex C.P.T., luoghi di detenzione amministrativa sottoposta all’autorità di polizia e quindi, da un punto di vista giuridico, propriamente equiparabili ai lager nazisti, sono parte integrante e costituente di un meccanismo perfettamente oliato che alimenta il circuito dello sfruttamento. Nei C.I.E. vengono rinchiusi gli immigrati senza il permesso di soggiorno, come anche persone che hanno richiesto l’asilo politico, che hanno lavoro e carte in regola ma con vecchi decreti di espulsione sulle spalle, che hanno finito di scontare una pena in carcere e donne, tante donne, in molti casi vittime della tratta. Gente che è sfuggita da guerre, persecuzioni, maltrattamenti e prostituzione. E fame. Guerre e fame che il capitalismo occidentale produce per continuare indisturbato a dominare e a razziare il mondo.

Resi clandestini per la sventura di arrivare da paesi disgraziati, sotto la minaccia costante e continua di essere internati e deportati, di venire fermati per strada, negli autobus, nei treni e trattati come bestie, di venire separati dagli affetti più cari, di finire nuovamente nelle grinfie di sfruttatori e "protettori" senza scrupoli, vivono in balia della malvagità di chi esegue gli ordini del potere.
Quotidianamente all’interno dei C.I.E. si consumano abusi e pestaggi da parte delle forze dell’ordine. Le necessarie cure mediche non vengono somministrate, ma si abbonda di psicofarmaci con cui "condire" il cibo, che tra l’altro è scadente e di pessima qualità. Le dosi d’acqua, anche di estate, sono razionate al minimo. Non sono mancati casi di stupro da parte di agenti di polizia. Alcune persone dentro quei lager hanno perso la vita.

Tutto questo, qui in Italia, paese "avanzato e democratico", continua ad avvenire nel silenzio e nell’indifferenza.

Dinanzi a questa situazione ribellarsi, piuttosto che subire passivamente, è ciò che sta accadendo da diverso tempo nei C.I.E. di tutta Italia: scioperi della fame, tentativi di fuga, atti di autolesionismo, danneggiamento delle strutture interne sono una diretta e inevitabile conseguenza al perpetuarsi della detenzione nei vari Centri di identificazione ed espulsione.
Per una rivolta avvenuta il 3 Giugno all’interno del C.I.E. di Ponte Galeria 9 immigrati sono stati imputati: 2 di loro sono stati prontamente espulsi e 7 verranno processati il 22 Luglio al Tribunale di Roma; nel frattempo dopo 3 mesi è ancora in corso il processo per 19 immigrati incolpati per un’altra rivolta scoppiata il 15 marzo. Queste denunce si vanno ad aggiungere alle innumerevoli manovre repressive dello Stato in cui vengono trascinati i migranti che osano ribellarsi.
In un sistema in cui la normalità sono i militari nelle strade, le assoluzioni degli assassini in divisa, lo sfruttamento dell’uomo e della terra a vantaggio dei soliti potenti, è naturale e umano che chi viene schiacciato si ribelli con ogni mezzo, con quello che in quel momento ha a disposizione.

Per tutto questo noi scegliamo di stare dalla parte di coloro che in tutti i lager di Italia e di Europa hanno il coraggio di ribellarsi e il 22 Luglio dalle ore 10 porteremo davanti al Tribunale di Piazzale Clodio la nostra solidarietà ai 7 immigrati attualmente sotto processo.

 

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